Li presero per pazzi quando decisero di produrre bollicine da uve autoctone nel lontano 1979, anche per la scelta radicale di fare soltanto vini spumantizzati con il metodo classico, in gran parte ottenuti da vitigni del loro territorio, il foggiano, con in testa l’identitario Bombino Bianco. Si sentivano ripetere che lo spumante si faceva in altre zone, mica nella Puglia. Oggi invece molte aziende pugliesi e del centro-sud d’Italia spumantizzano vitigni autoctoni e non si hanno più notizie di quegli insensibili incompetenti che cercarono di scoraggiarli, anzi essi apprezzano e incoraggiano. Persino le istituzioni come la Regione Puglia hanno promosso degli aiuti alla spumantizzazione. A d’Araprì va dunque riconosciuto il merito di essere stata la prima cantina a far nascere e guidare l’affermazione degli spumanti autoctoni, soprattutto nel Sud Italia.
Il nome aziendale nasce dall’unione dei tre cognomi dei tre soci: d’Amico Girolamo, Rapini Louis, Priore Ulrico, oggi sei con l'entrata a pieno titolo nella Società della nuova generazione (in un certo senso il passaggio del testimone), ovvero i figli Anna d'Amico, Daniele Rapini e Antonio Priore con la trasformazione della Società in Società Agricola.
Al fine di garantire una costante qualità le uve che danno vita alle cuvées d’Araprì sono vendemmiate e vinificate direttamente nei pressi dei vigneti. La suggestiva cantina di affinamento, invece, si estende per circa 1000 mq nei sotterranei di una bella dimora settecentesca, situata al centro della città di San Severo.
Il Bombino Bianco rappresenta la tipicità del nostro territorio ed ha antichissime origini tant’è che la tradizione vuole che esso sia arrivato a San Severo intorno al 1200 portato dai Cavalieri Templari, a cui Federico II aveva affidato il comando della città, al ritorno dalla Terra Santa. L’evoluzione in bottiglia gli dona caratteristiche olfattive e gustative uniche nel vasto panorama degli spumanti metodo classico.
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